Dolore all’anca? Potrebbe essere coxartrosi. Scopri come riconoscerla e curarla
Come prendersi cura della propria anca e tornare a godersi la propria libertà di movimento.
Come prendersi cura della propria anca e tornare a godersi la propria libertà di movimento.
L’artrosi dell’anca colpisce almeno tre milioni di italiani (soprattutto a causa dell’incremento dell’età media della popolazione, ma ha un’incidenza elevata anche in pazienti giovani), con un’incidenza annuale di circa 480 nuovi casi ogni 100 persone.
Tale patologia è caratterizzata dalla degenerazione delle superfici articolari e della cartilagine che riveste la superficie dell'acetabolo e la testa femorale; la cartilagine articolare ha la funzione di “cuscinetto” e permette lo scorrimento dei due capi articolari evitando gli attriti e va incontro a fenomeni infiammatori determinando una condizione di sfregamento anomalo delle superfici ossee coinvolte.
Spesso la situazione peggiora progressivamente, iniziando dal semplice dolore transitorio dovuto alla deambulazione prolungata o dopo attività fisica intensa (ad esempio l’attività lavorativa) fino a una situazione di continuo dolore irradiato dista l mente con limitazione nel flettere, estendere, intra ed extra rotare l’arto inferiore, limitando la capacità di deambulare anche per brevi tratti (in particolare su terreni irregolari), nella salita e nella discesa delle scale (fino al blocco completo della mobilità articolare), di mettersi alla guida di un veicolo. Una situazione di coxartrosi avanzata può limitare anche la capacità di alzarsi dalla sedia e di deambulare in autonomia fino a rendere necessario l’ utilizzo di una o due stampelle o un girello deambulatore oppure, in casi molto gravi, la necessità di servirsi della sedia a rotelle anche per coprire brevi distanze.
I fattori di rischio sono costituiti da una componente genetica o predisposizione familiare, dalla conformazione dell’anca – in particolare gli esiti di displasia congenita dell’anca, condizione che se non curata correttamente fin dai primi mesi di vita, determina un alterato sviluppo della testa femorale che predispone alla coxartrosi secondaria in esiti displasia con manifestazioni cliniche di grado severo in pazienti di un’età anche inferiore ai 30 anni rendendo necessario l’intervento chirurgico anche in giovane età – oppure altre situazioni dovute a un anomalo sviluppo dell’articolazione coxofemorale, come l’ impingement femoro-acetabolare, la coxa profonda o la coxa vara – quest’ultima caratterizzata da un’alterata inclinazione del collo femorale che determina un’alterazione della biomeccanica dell’anca e che impedisce un corretto scarico delle forze di sollecitazione a cui è sottoposta l’articolazione durante i movimenti – sovrappeso, traumi (fratture del collo femorale sottoposte a interventi chirurgici) o microtraumi ripetuti, stile di vita, età (ha un’incidenza maggiore nei pazienti con più di 50 anni e tale incidenza cresce con l’incremento dell’età) e sesso (la coxartrosi ha una frequenza maggiore di tre volte nelle donne rispetto agli uomini).
1. La corretta raccolta dell’anamnesi del paziente, ad esempio, il paziente riferisce una limitazione articolare in alcuni movimenti come alzarsi dalla sedia, flettere l’anca per indossare o togliere le scarpe, salire e scendere le scale e svolgere attività sportiva anche leggera, come ad esempio il trekking in montagna.
2. Un accurato esame obiettivo, volto a valutare il grado di limitazione funzionale, considerando anche i test clinici relativi alla mobilità passiva o attiva (con quest’ultima che si estrinseca con una limitazione nei movimenti di abduzione dell’anca) e ad una corretta diagnosi differenziale.
3. Esami strumentali adeguati (la semplice radiografia del bacino per anche e assiale dell’anca affetta per una corretta valutazione dei capi ossei e della rima articolare è sufficiente in quasi tutti i casi, mentre negli altri può essere utile eseguire un esame di imaging di secondo livello, cioè la TAC del bacino finalizzata a una corretta valutazione di eventuali situazioni di impingement femoro-acetabolare o la presenza di eventuali calcificazioni periarticolari - non visibili con la semplice radiografia. Inoltre, quest’ultima metodica è utile per eseguire un accurato planning preoperatorio (ma questo solo in pazienti candidati ad intervento chirurgico di sostituzione protesica).
4. In alcuni casi può essere utile un esame RMN del bacino ai fini di consentire una corretta diagnosi differenziale (finalizzata ad escludere altre situazioni patologiche a carico dell’anca, come la necrosi a vascolare della testa del femore, che presenta un quadro clinico in gran parte simile a quello della coxartrosi ma caratterizzato da una sintomatologia dolorosa molto più pronunciata anche a riposo).
1. Nei casi di coxartrosi lieve (con un range ofmotion più o meno conservato senza alterazioni radiologiche importanti o una compromissione della normale capacità deambulatoria che risulta alterata solo in parte, come ad esempio l’atto di camminare con gli arti inferiori atteggiati in extra rotazione) il trattamento è di tipo conservativo e prevede:
· terapia farmacologica per ridurre il processo infiammatorio alla base del dolore e della impotenza funzionale.
· cicli di fisioterapia (in particolare il rinforzo e lo stretching dei muscoli extra rotatori e abduttori dell’anca con adeguata periodizzazione).
. assunzione di integratori per la matrice cartilaginea.
3. Nei casi di coxartrosi di grado intermedio è indicato aggiungere una terapia infiltrativa eco guidata con acido ialuronico a medio o ad elevato peso molecolare per consentire una corretta visco supplementazione della cartilagine articolare. Negli ultimi anni, una valida alternativa è costituita dal Plasma Ricco di Piastrine (PRP) che, utilizza i fattori di crescita presenti nel proprio stesso sangue per stimolare la guarigione dei tessuti danneggiati e ridurre il dolore e migliorando la funzionalità.
4. In caso di un quadro clinico di coxartrosi severa (in particolare sotto il profilo clinico - con differente lunghezza degli arti inferiori e necessità di utilizzare le stampelle o il carrello deambulatore per camminare – e sotto il profilo radiologico, con una severa riduzione dello spazio articolare), risulta indicato il trattamento chirurgico di protesizzazione dell’anca della durata inferiore ai sessanta minuti che prevede la sostituzione di una parte del femore con uno stelo e una testina, l’impianto di una componente acetabolare con inserto in polietilene in sostituzione dell’acetabolo con facile osteo integrazione da associare ad una fisiochinesiterapia con protocollo fast-track (da iniziare già nell’immediato postoperatorio) della durata massima di trenta giorni per il ritorno a una vita sana e attiva e anche a un ritorno all’attività sportiva (sia la corsa veloce che il running ma anche le camminate in montagna e spesso, in pazienti molto attivi, anche l’attività sciistica).